La macchina della propaganda dei miliziani: "Mostrate la vittoria anche in caso di sconfitta"

Scritto il 19/09/2025
da Gaia Cesare

Sono circa mille i combattenti impegnati a diffondere filmati e fake news. I documenti che confermano la strategia

Filmano, editano e diffondono le prodezze della jihad o le presunte malefatte di Israele, modificando e truccando la realtà a proprio uso e consumo. Sono un "esercito" stimato di circa 1000-1500 miliziani al centro della macchina della propaganda di Hamas. Sono il megafono del terrorismo palestinese e anche il grande orecchio sintonizzato sul mondo israeliano, perché una delle unità è incaricata di monitorare il dibattito pubblico dello Stato "nemico" per poi insinuarsi nelle sue pieghe. Il loro numero - secondo gli ultimi dati dell'intelligence israeliana rilanciati da Army Radio - si è quasi quadruplicato in dieci anni (erano appena 400 nel 2014), e rappresenta oggi il doppio del personale impiegato da Israele nell'Unità dei portavoce delle Idf (le Forze armate israeliane) e nel Dipartimento di influenza messi insieme. In duecento sono rimasti uccisi nella guerra a Gaza e fra loro il leader della propaganda, Abu Obeida, eliminato il 30 agosto di quest'anno nella Striscia senza che si sappia ancora chi lo abbia sostituito.

Eppure, morto il grande capo, la struttura sopravvive, capace di adattarsi costantemente, di trasferirsi anche quando è presa di mira dai raid israeliani, spostandosi nei centri di comando di scuole e ospedali. Sempre fedele a un'ideologia che fa della propaganda un'arma essenziale nella guerra a Israele. Lo dimostra una serie di documenti diffusi dal quotidiano israeliano Ynet. Tra le carte ci sono non solo immagini e descrizioni degli attacchi terroristici del gruppo terroristico dal 1990 a oggi, tra cui il rapimento del soldato israeliano Nachshon Wachsman, considerato da Hamas un "successo decisivo" anche per il modo in cui l'operazione è stata filmata e diffusa. Nei documenti recuperati c'è la sintesi dell'ideologia mediatica di Hamas. "I media militari sono la preparazione spirituale - si legge in uno dei testi rilanciati da Ynet - Iniettano lo spirito di risveglio, giustificazione, sacrificio, prontezza psicologica e fiducia reciproca tra il popolo e le forze armate, oltre a ricordare ai civili le glorie storiche della nazione". I terroristi definiscono i discorsi tv, le conferenze stampa, le cerimonie commemorative come parte integrante della guerra psicologica per la jihad. E distinguono fra la strategia in tempi di pace e in tempi di guerra. Nel primo caso - dicono - è meglio puntare sulla promozione dell'orgoglio nazionale, sulla rappresentazione dei combattenti come eroi, sul mantenimento della segretezza operativa e sulla definizione del discorso pubblico nelle scuole e nelle comunità. Nel secondo caso - i conflitti - l'attenzione si sposta sulla trasmissione di video di lanci di razzi e infiltrazioni, per risollevare il morale del pubblico e "mostrare la vittoria anche di fronte alle perdite militari". L'obiettivo - scrivono nero su bianco - è "diffondere paura, confusione ed erodere il morale nazionale" in Israele, autodipingendosi come simboli di forza e controllo.