La farsa del gemellaggio di Tel Aviv: protesta pro Palestina a Milano

Scritto il 18/09/2025
da Andrea Pasini

Slogan e bandiere, ma zero soluzioni: dai pro Pal la protesta che divide

Un episodio che ha dell’inverosimile si è verificato a Milano, dove un gruppo di attivisti pro Palestina ha interrotto i lavori del Consiglio comunale esponendo bandiere palestinesi e scandendo slogan come “Palestina libera” e “Stop genocidio”.

I manifestanti, seduti tra il pubblico, hanno gridato a gran voce la richiesta di interrompere il gemellaggio con la città di Tel Aviv, sostenendo che «altri Comuni lo hanno già fatto» e accusando l’aula di complicità. Un’azione che ha costretto a sospendere momentaneamente la seduta e ha lasciato sbigottiti consiglieri e pubblico.

Che un gruppo di cittadini possa manifestare il proprio pensiero è sacrosanto: la protesta pacifica è parte integrante di una società democratica. Ma una cosa è protestare, un’altra è irrompere in un’assemblea istituzionale e bloccare i lavori di un Consiglio comunale, che rappresenta tutta la cittadinanza.

Un’azione del genere non nasce all’improvviso: ci si prepara, si organizza, si entra in aula con l’obiettivo di interrompere i lavori. Ed è qui che la legittimità si trasforma in forzatura. Perché se la democrazia è fatta di diritti, è fatta anche di regole e rispetto delle istituzioni.

Che cosa porta, in termini concreti, una dimostrazione così scenografica? Nulla. Gridare slogan non cambia il corso della politica internazionale, né avvicina la fine della guerra. Anzi, rischia di banalizzare un tema drammatico e complesso, trasformandolo in una sceneggiata che finisce sui giornali per lo scandalo, non per la sostanza.

E soprattutto, chiedere di interrompere i gemellaggi con Tel Aviv è una pagliacciata. I rapporti tra città non sono un semplice atto simbolico: sono ponti di dialogo, di scambio culturale, di cooperazione civile. Tagliarli non avvicina la pace, ma allarga le distanze.

Qui nessuno è contro il popolo palestinese. Al contrario: la sofferenza della popolazione di Gaza è sotto gli occhi del mondo e non può lasciare indifferenti. Ma essere solidali con un popolo non significa accettare la cancellazione dell’altro.

Il punto fermo deve essere chiaro: la pace si costruisce solo se que popoli possono vivere l’uno accanto all’altro, in libertà e democrazia. Donne, uomini, bambini, anziani hanno diritto a vivere nel proprio Paese, nella propria città, nella propria nazione senza paura, senza oppressione e senza odio.

Nessuno può arrogarsi il diritto di dire che un popolo può vivere e un altro no, che una religione può esistere e un’altra deve sparire. Questa non è democrazia, e non è quello che vogliamo.

Questo si chiama oppressione, terrore, terrorismo. Si chiama arroganza, che poi si trasforma in violenza ed in odio. Ed in odio razziale verso le comunità ebraiche presenti in Italia Enel mondo. E questa i non va bene! Non vorremmo mai che, come troppo spesso purtroppo accade, dietro a questo tipo di manifestazioni pro Palestina si possa lentamente creare un coacervo di gruppi estremisti, centri sociali, frange anarchiche e altre realtà radicali e sovversive che alla fine vogliono solo portare disastri: distruggere negozi di persone che fanno sacrifici, incendiare automobili, devastare la segnaletica stradale e cercare lo scontro violento con le forze dell’ordine. Perché a loro di esprimere pacificamente le proprie idee non glene frega nulla.

Ci auguriamo che tutto questo non accada, ma l’aria che si respira non è certo un’aria pulita e serena. Anzi, si percepisce una sensazione di insicurezza crescente, legata proprio a questo tipo di manifestazioni quando superano il confine della protesta pacifica e si trasformano in teatro di intimidazione.

La vera fortuna del nostro Paese si chiama Forze dell’Ordine, Magistratura e Prefetti. Una cerniera di sicurezza che, grazie alle loro fatiche, alla loro forza e al loro coraggio nel difendere i valori sani della democrazia come la libertà e l’onestà, riesce, seppur tra mille difficoltà, a proteggere i cittadini perbene. Un ringraziamento speciale va a loro e alle loro famiglie, che con sacrificio e dedizione sostengono chi ogni giorno si impegna per garantire la sicurezza e la stabilità della nostra comunità nazionale.