Il bottone, la spillatrice, i soccorsi: la morte di Nada Cella resta un mistero

Scritto il 18/09/2025
da Angela Leucci

Nuove testimonianze nel processo per l’omicidio di Nada Cella: parlano soccorritori e inquirenti dell’epoca, ma anche esperti di bottoni

L’omicidio di Nada Cella ruota tutto intorno alla scena del crimine. Sangue, oggetti spostati o mancanti, un bottone. Probabilmente a metà ottobre ci sarà la requisitoria e quindi le battute finali, ma al momento più che guardare al futuro si sta esaminando nuovamente e certosinamente il passato.

È il 6 maggio 1996, un sabato. Nada Cella è però nell’ufficio dello studio Soracco di Chiavari, dove lavora. Poco prima delle 9 un killer la uccide con un’arma mai identificata. Ma dopo quasi quaranta anni c’è stata una nuova indagine e un iter giudiziario. Il processo vede imputata per l’omicidio Anna Lucia Cecere, mentre il commercialista Marco Soracco, datore di lavoro di Cella, è alla sbarra per favoreggiamento.

Il processo è ripreso oggi con alcune testimonianze interessanti. A partire da quella di Andrea Grillo, uno dei soccorritori: “Quando entrammo non c’erano macchie di sangue all’ingresso o in altre stanze. Trovammo la ragazza a terra, il volto verso l’alto e i piedi sotto la scrivania. Spostammo il tavolo per soccorrerla. C’era sangue ovunque. Per me fu scioccante anche perché la conoscevo. Quando la mettemmo sulla barella io e il mio collega ci sporcammo di sangue. Ne perse tantissimo anche in ambulanza. Sulla porta c’era Soracco, pulito, che ci disse che non l’aveva nemmeno toccata”. Secondo l'accusa, l'aggressione sarebbe iniziata all'ingresso dello studio e non nella stanza della segretaria.

Sotto il corpo su trovato un bottone: all’epoca quello bastò per indagare Cecere, trovata in possesso di una giacca con bottoni simili. Ma gli inquirenti li ritennero simili e non identici, per cui la posizione della donna venne archiviata in soli cinque giorni. Per i due produttori ascoltati oggi, i bottoni sulla scena del crimine sono “a gambo chiuso, che si cuce direttamente sul tessuto e non si inserisce in alcuna ghiara”, cosa che li renderebbe diversi da quelli in possesso di Cecere, che invece avevano un cerchietto in plastica.

C’è poi il nodo della spillatrice scomparsa dalla scena del crimine. Uno degli inquirenti dell’epoca, Franco Ramundo, ha spiegato in merito: “La praticante di studio aveva detto che era sparita una spillatrice dalla scrivania di Nada ma la scientifica l’aveva usata ed era stata messa tra l'attrezzatura degli agenti”.

L'udienza di oggi ha quindi giocato a favore della difesa. Presenti anche alcune amiche della vittima, che hanno raccontato come Nada Cella volesse cambiare lavoro, dettaglio in realtà molto spesso raccontato in diversi approfondimenti tv sul tema.