Un alibi che non c’è, anche se la famiglia della vittima non crede alla colpevolezza del fidanzato. L’intercettazione telefonica del padre di Alberto Stasi, pochi giorni dopo il delitto di Garlasco, è letteralmente un tuffo nel passato che Quarto Grado, nell’ultima puntata di stagione, ha proposto agli spettatori.
Mentre proseguono nel massimo riserbo le nuove indagini, spunta questo dialogo tra Nicola Stasi, deceduto il 25 dicembre 2013, e un parente, che lo chiama per chiedergli “se c’era qualche nota positiva riguardo l’Alberto, insomma di questo interrogatorio”.
Il quadro complessivo del contesto è questo: Chiara Poggi è stata uccisa nella sua villetta la mattina del 13 agosto 2007, e gli inquirenti stanno indagando. A segnalare la morte della 26enne proprio il fidanzato Alberto Stasi, che chiama soccorsi e si reca in caserma dai carabinieri. Vengono sollevati i primissimi interrogativi degli inquirenti, quando la condanna definitiva di Stasi, nel 2015, è ancora inimmaginabile: quali sono i dettagli della scena del crimine? Come ha fatto Alberto Stasi a non sporcarsi le scarpe entrando nella villetta di Garlasco? A chi appartengono le impronte di sangue sul pavimento? Quante persone hanno commesso l’omicidio?
Nicola Stasi si lamenta con il parente al telefono delle presunte inesattezze riportate dalla stampa, e ripercorre alcuni di questi interrogativi: “Il problema è la scarpa. Loro dicono: ma con tutto questo sangue che c’era non si è neanche sporcato le scarpe?”. Papà Stasi spiega che il figlio gli ha raccontato cosa ha visto sulla scena del crimine, il percorso effettuato e perché sia riuscito, forse, a evitare il sangue: “Ma è spontaneo, anche nell’acqua non ci metti dentro i piedi”.
Nicola Stasi continua smentendo la conoscenza con la famiglia Cappa e una presunta relazione con una delle gemelle, cugine di Chiara Poggi, aggiungendo che la madre di quest’ultima lo abbia chiamato per la buonanotte e gli abbia detto che non crede alla sua colpevolezza. Poi la dichiarazione choc sull’alibi: “Il problema cioè che non c’è un alibi… Perché lui si è alzato, ha acceso il computer alle 10. La ragazza purtroppo è morta dalle 9 alle 11.30 e non c’è nessuno che chiaramente lo conferma”.
Il dialogo si conclude sulla possibile arma del delitto: si parla di una mazzetta, forse rubata da un cantiere nei pressi delle loro abitazioni, con la considerazione che questo presupporrebbe una certa premeditazione, e si parla di un capello trovato tra le mani della vittima. Dal passato quindi si riaprono interrogativi, a cui si aggiunge un’ulteriore domanda: a quali conclusioni porterà la nuova indagine?