Hulk Hogan, 71 anni, ci ha lasciati. Il suo cantore italiano, l’inossidabile Dan Peterson, 89 anni, invece vive e lotta con noi. Hulk tradito inaspettatamente da un malore; Dan in forma più che mai (Antonio Tajani lo ha di recente ingaggiato come “coach ispirazionale” per i suoi ragazzi di Forza Italia). Hogan ancora oggi era “fisicato” come ai tempi belli dei suoi show negli anni ‘90. Ma, a differenza dell’immarcescibile Dan, non aveva mai condotto una vita regolare e disciplinata.
Ma forse lo “stile di vita” c’entra poco: il destino ha deciso che il “Mohammed Ali del wrestling” doveva tornare a combattere in paradiso con i suoi rivali storici Antonio Inoki e André the Giant, mentre Peterson, l’americano più amato dagli italiani, viaggia spedito verso il traguardo non banale delle 90 candeline (e oltre, glielo auguriamo di cuore). Siamo sicuri che la notizia del ko definitivo di Hulk abbia rattristato Dan che di Hogan è stato il commentatore ufficiale (vedi il programma “Hulk Hogan: a Real American Story") in un periodo storico in cui le pagliacciate del wrestling avevano nel nostro paese un seguito di audience (soprattutto fra i più giovani) non inferiore alle seriosità del calcio (altrettanto ridicola, se pur in modo involontario). Un successo clamoroso giocato sul bluff, sull’equivico condiviso tra telecronista e telespettatore. E Dan era il personaggio giusto dietro al microfono giusto.
Affabulazioni “petersoniane” surreali quanto gli incontri di wrestling che scorrevano sugli schermi “violentati” da pugni, calci e sediate da pacifico film western o da innocue scazzottate in stile Bud Spencer. Tutto finto: Dan lo sapeva, ma faceva in modo di raccontarcela come se quelle risse sceneggiata fossero reali; Dan ci strizzava l’occhio, faceva il furbacchione, ma noi eravamo felici di abboccare al tranello. Il bello del wrestling raccontato dall’iconico Dan era proprio lì: narrare la fiction come fosse un reality. Che poi sono le due facce della stessa medaglia. E Dan è stato la “bordatura” che ha unito le due facce. Una verità simulata, quella del wrestling, con Dan nel ruolo perfetto del barman yankee che serviva cocktail spettacolari agli assetati di “massacri” senza neppure una goccia di sangue.
Hogan se n’è andato ancora “giovane” nel corpo roccioso e nella mente rimbalzante come il fondo truccato di un ring di wrestling: aveva fatto di recente da clownesco testimonial elettorale per Trump che dalla tribuna si sganasciava di gusto applaudendolo soprattutto quando l’incredibile Hulk lo ha definito un “eroe americano”.
Forse anche Dan dal giardino di casa ha sorriso sorseggiando un bicchiere ghiacciato di Lipton Ice Tea. E con i cubetti che facevano dlin-dlin, ammirando la performance con la maglietta strappata del suo amico Hulk versione stelle e strisce, avrà commentato: “Fee-no-me-na-lee”.