In Europa la tensione resta altissima. La Nato ha lanciato l'operazione "Sentinella dell'Est" per rafforzare la difesa del suo fianco orientale, dopo la recente incursione dei droni russi nello spazio aereo polacco. Mosca continua intanto a martellare l'Ucraina mentre Kiev risponde con blitz chirurgici all'interno del territorio russo. Il rischio escalation rimane altissimo, così come l'eventualità che il conflitto possa allargarsi. In caso di emergenza il Vecchio Continente, Italia compresa, sarebbe in grado di resistere di fronte ad un eventuale attacco da parte di Vladimir Putin? Il quadro è abbastanza cupo, come confermato dal generale Vincenzo Camporini, già capo di Stato maggiore della Difesa e dell'Aeronautica.
Pochi uomini e mezzi
Nel corso di una lunga intervista rilasciata a Il Corriere della Sera, Camporini ha confermato le difficoltà europee (italiane comprese). Difficoltà ben evidenti in termini di uomini e mezzi da schierare in campo nel momento di un ipotetico bisogno. Certo, gli analisti ritengono poco probabile un attacco diretto da parte della Russia ma restano carenze preoccupanti. Basta, del resto, ascoltare le parole del ministro della Difesa Guido Crosetto: "Non siamo pronti né ad un attacco russo né ad un attacco di un’altra nazione, abbiamo il compito di mettere questo Paese nella condizione di difendersi se qualche pazzo decidesse di attaccarci: non dico Putin, dico chiunque".
Secondo Camporini lo scenario descritto da Crosetto è più che concreto e non riguarda soltanto l'Italia, bensì gran parte dell'Europa occidentale. Dal crollo del Muro di Berlino, infatti, le risorse militari sono state ridotte in modo drastico. "Ci siamo concentrati sul peacekeeping, come se le difese nazionali e della Nato non fossero più necessarie", ha sottolineato l'esperto. Peccato che da tre anni tutto sia cambiato, sia con la guerra in Ucraina che con la crisi in Medio Oriente, mentre Donald Trump "ha dato la mazzata finale" facendo evaporate "la copertura Usa" fornita finora all'intero continente.
L'allarme del generale Camporini
L'Italia sarebbe in grado di difendersi da un blitz di droni russi come in Polonia, ma non da sola. Il motivo è semplice: il tema della protezione dai droni e dai missili è collettivo. Ma ci sono altre zone d'ombra ben più gravi. L'esercito, per esempio, è sotto organico: "Ha 95 mila uomini e donne, un terzo dei quali con compiti logistici-addestrativi. Ne restano circa 60mila ma che in caso di combattimento dovrebbero ruotare almeno su base quattro o cinque per poter usufruire di periodi di riposo e addestramento: quindi diciamo circa 12-15 mila soldati al fronte per volta. I russi ne hanno 600 mila. I britannici, accreditati come i più pronti a scendere in campo, sono 70 mila".
Per quanto riguarda i mezzi militari, anche qui la situazione è delicata. Camporini parla di 200 carri Ariete, "obsoleti e non adeguati alle guerre di oggi", solo il 10% dei quali sarebbe efficiente. I Panther di Rheinmetall? Saranno disponibili negli anni Trenta. Sta meglio l'Aeronautica anche se per il generale servirebbero più Eurofighter ed F-35, ma per fabbricarli ci vogliono anni. La Marina "ha una flotta di tutto rispetto" ma con i soliti "problemi di organico". C'è anche un allarme sulle munizioni: "Va incrementata la produzione. La Russia fabbrica 4 milioni di proiettili d'artiglieria all'anno, noi tutti insieme uno".
Una delle soluzioni da attuare coincide con il ritorno della leva? Per Camporini la risposta è negativa: "Costa troppo sia in termini di addestramento sia di strutture che dovrebbero essere adeguate allo scopo". Il generale ha però aggiunto che "bisogna fare qualcosa" perché ci sono difficoltà a coprire i posti messi a bando nelle forze armate. "Pensare che non ci attaccheranno mai è una visione ottimistica, invece un soldato deve pianificare tutto in previsione dello scenario peggiore", ha concluso ancora Camporini.